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CUORI RIBELLI
(FAR AND AWAY)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 11 ottobre 1992
 
di Ron Howard, con Tom Cruise, Nicole Kidman, Cyril Cusack (Stati Uniti, 1991)
 
L'emigrazione mitica degli irlandesi oppressi ed affamati verso l'America della fine Ottocento: il tutto, starring il bellissimo proletario Tom Cruise e signora, bizzosa aristocratica Nicole Kidman. Come dire, da far temere i più orripilanti sfracelli: ma l'autore di COCOON e di FUOCO ASSASSINO conferma di sapere filmare con una sensibilità che non è di tutti. Pur privilegiando le vie infinite del successo prima di tutto.

Forse perché è il primo film ad essere girato in 70 millimetri dai tempi di LA FIGLIA DI RYAN, CUORI RIBELLI occhieggia dalle parti di David Lean: il che non sarebbe poi il peggiore dei mali. Proprio come quello del celebre inglese - anche se il paragone può parere irrispettoso - il cinema di Howard guarda infatti alla tradizione letteraria, agli schemi del grande romanzo, non tanto come ad un omaggio, ma come ad un mezzo per avvicinarsi alle masse. Per raggiungere quella dimensione universale ed allargata che è tipica del romanzo.

Il piacere di raccontare una storia è evidente anche in CUORI RIBELLI: anche se qui finiscono i paragoni. Perché se Lean sfruttava gli schemi narrativi per esaltare le psicologie dei personaggi, Howard finisce per rimanerne prigioniero. Con gli attori che fanno il proprio mestiere (ma si, anche Ciuffo Cruise) più che correttamente: ma con la convenzione degli sviluppi drammatici che soffoca il lirismo dell'ispirazione. Lean filmava lo sfondo, l'ambiente (LAWRENCE OF ARABIA, PASSAGGIO IN INDIA) per fuggire quel realismo pur ottenuto con straripante dovizia di mezzi, a profitto di una dimensione fantastica ben diversamente significativa. E che sembrava appropriarsi delle sue opere quasi suo malgrado. Howard approffitta brillantemente delle occasioni che gli si presentano (il vertiginoso paesaggio irlandese avvicinato in elicottero, le vie di Boston illividite dalla neve natalizia, le pianure sconfinate verso l'Oklahoma dei pionieri fordiani): ma la sua rimane una citazione sincera e sensibile, del tutto ininfluente sui destini dei personaggi o la svolta degli avvenimenti.

John Ford - altra sbirciatina - faceva menare cazzotti ai suoi, e filmava gli spazi: ma ogni suo inquadratura rinviava ad un classicismo fuori del tempo. Ad un'arte della composizione che imprimeva ad ogni inquadratura un significato secondo. Come diceva Serge Daney: "uno dei grandi Artisti del cinema, poiché girava due film alla volta. Il primo per vincere il tempo (tirando alla lunga i racconti, per timore di finire), il secondo per preservare il momento (quello del paesaggio, prima dell'azione). Mai avrebbe fatto dire ad un personaggio: come è bello questo paesaggio."


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